Rollerball, successo al Cineforum

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Rollerball, successo al Cineforum

Giovedì 6 marzo si è tenuto a Tricase il primo film della rassegna “il cineforum dei 50 anni”. Pubblichiamo di seguito due importanti riflessioni sul film che, tratto dalla storia breve di William Harrison, rivisto oggi, a 50 anni dalla sua uscita, denota un certo senso di preveggenza e di malessere esistenziale.

Appuntamento giovedì 13 marzo con “L’uomo che volle farsi Re” di John Huston

Rollerball, il futuro è qui

di Maria Rosaria Cazzato

Giovedì 6 marzo ho partecipato alla prima serata di una programmazione di cineforum al cineplex Paradiso. Il tuffo nel passato è stato con doppio carpiato, sia per il tipo di esperienza di cui l’ultima risaliva al mio tempo delle mele, sia per il film, interessante, che ha suscitato complesse sensazioni. La pellicola è del 1975, con uno sforzo mentale ho cercato di ricordare cosa pensavo all’epoca, cosa immaginavo, cosa facevo…la trama del film poi mi ha mandata su una specie di altalena mentale tra passato e futuro dal 1975 ad oggi e tra il presente odierno e un ulteriore futuro.

Mi spiego meglio. Nel film, cioè nel 1975 si immagina l’anno 2018: nel mondo non esistono più nazioni, guerre, crimini, violenza o povertà; i governi sono sostituiti da un’unione di «corporazioni» i cui dirigenti controllano capillarmente la vita di tutto il pianeta, soddisfacendo contemporaneamente il bisogno di benessere della popolazione. Una delle principali fonti di svago per le masse è rappresentata dal Rollerball, uno sport estremamente violento che le corporazioni usano come instrumentum regni e sublimazione di fatto della guerra stessa: due squadre di corridori su pattini a rotelle e in motocicletta si affrontano all’interno di una pista circolare, con lo scopo di centrare una buca magnetica con una sfera di acciaio. Ovviamente non essendoci più guerre, si deve incanalare l’aggressività umana, per questo viene istituito questo gioco simile a quello dei gladiatori. Su questo sfondo si sciorina la storia del protagonista, Jonathan, un campione di questo sport. In un mondo retto da un cervello elettronico, lui si dimostra capace di pensare e il sistema gli impone di ritirarsi, perché vede in lui un potenziale ribelle. L’uomo, che si rifiuta, riuscirà a vincere i pericolosissimi incontri.

Giusto qualche considerazione

…Troppo ottimisti nel 1975 a immaginare che nel 2018 non ci sarebbero state più guerre. In una macchina del tempo tornerei indietro a spifferare che non solo ci sono tante, troppe guerre, ma che gli ebrei non hanno capito granché del loro olocausto, che il “mai più” era riferito nei loro riguardi e basta!

… Che ci hanno azzeccato sul panem et circenses, coadiuvato da un altro ventennio di televisione trash e spettacoli demenziali, ed hanno centrato proprio in pieno l’immaginato “grande fratello” sia da spettatori che, soprattutto, da osservati speciali, per veicolare le nostre scelte e la nostra vita.

… soprassediamo sul risultato di questo scempio, cioè un popolo lobotomizzato incapace di pensiero critico, al quale gli verrà tolto qualsiasi diritto, anche la moglie se piace a un dirigente, o il lavoro se sei troppo propenso a pensare con la tua testa.

Rollerball ed è…cinema

di Michele Massimiliano Mangiullo

Motore, scena uno uno uno, ciak, azione… ed eccoci felicemente accomodati in una piccola bomboniera del produttore Cafueri a gustare capolavori della settima arte selezionati dal fatidico regista underground Alfredo De Giuseppe e dal professore Giovanni Carità cinefilo dal palato fine. Inizia con il botto il Cineforum dei 50 anni al Cineplex Paradiso di Tricase, con la proiezione di “Rollerball” mitico film a firma di Norman Jewison. Breve presentazione da parte del regista tricasino che apre un piccolo dibattito su quelle che sono le tematiche affrontate dal collega canadese, temi attuali nonostante il film sia uscito nel 1975; ed è proprio quest’ attualità quasi dirompente che rende un capolavoro l’opera di Jewison. Un leggero cenno di Alfredo, si spengono le luci e abracadabra inizia la visione. Toccata e fuga in Re minore di Bach, siamo nel 2018 su un ovale in legno sfrecciano energumeni in rotelle coadiuvati da moto di grossa cilindrata, un arbitro in cabina preme un fantomatico pulsante collegato ad una sorta di pistola ad aria compressa che lascia partire a velocità supersonica una palla color argento contesa dalle rispettive squadre intente a loro volta ad inserirla in una fessura per ottenere il punto. Questa scena sarà una sorta di pattern dove convergono le riflessioni del regista, nella sfida dell’uomo contro sé stesso, contro gli avversari, contro un sistema, contro tutto e tutti. Nel terzo millennio il visionario canadese immagina un mondo dominato dalla corporazione, ente supremo che decide il destino del singolo individuo e come il famoso Panem et circenses per i romani, il Rollerball per i millennials. Sfiora la tematica ambientalista nella scena dello svago sociale, dove una splendida e scellerata fanciulla brucia alcuni alberi per puro divertimento, caricando la sua risata con un riverbero da renderla beffarda e intrisa di miopia culturale. Adesso l’ordine impartito dalla corporazione è il ritiro del campione, ma Jonathan si ribella, Jonathan ha un cuore che pulsa più forte del cervello, ed ecco l’uomo a sfidare il sistema, una competizione che raggiunge toni parossistici nella finale Houston vs New York, gara senza regole, senza tempo, perché questa è una partita contro la morte, è la lotta per la sopravvivenza; e forse questo richiamo cinematografico non riguarda tutti noi? Non è forse una trasposizione di nostre ataviche paure o di nostri legittimi sogni?……la magia del cinema.

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Redazione

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