Ci estingueremo
Per l’anatra alla pechinese
- Home
- Per l’anatra alla pechinese

Per l’anatra alla pechinese
di Serena Laporta
Nella storia della Cina l’anatra pechinese laccata fu per secoli un piatto consumato esclusivamente all’interno delle corti imperiali. E’ documentato sin dal tempo della dinastia mongola Yuan (1206-1368) che nessuno al di fuori della famiglia imperiale potesse conoscere il gusto di questa prelibata pietanza.
Immaginiamo che i cuochi si siano attenuti al massimo riserbo al costo della vita. Quando nel 1911 ebbe fine l’Impero Celeste i cuochi fuggiti dalla corte ormai in fiamme poterono finalmente diffondere e far conoscere il piatto imperiale. In questi giorni, ovunque per il mondo abbiamo goduto delle immagini, immortalate dallo stesso protagonista, di una caccia all’uccellino. Il cacciatore di trofei, di professione, fondatore di fieldethos.com The Global Hunt for Adventure, dove in who we are lo ammiriamo con i suoi manager, ceo, co-ceo ritratti in perfetto assetto d’azione, con fucile imbracciato, ha scelto accuratamente il luogo di predazione, il posto più fico del mondo in realtà, il delta del Po, un santuario di fauna flora ed equilibri lagunari di eccezionale bellezza e biodiversità, tutelati e protetti. Il cacciatore è figlio di presidente, un imprenditore per diritto dinastico, uno scrittore mediocre in tempi di covid, autoprodotto per fini speculativi elettorali, è anche un attivista politico hoax – il cambiamento climatico è un imbroglio creato dalla Cina per danneggiare l’industria americana.
Ora, nel momento dell’apoteosi del potere della propria schiatta, il cacciatore avrà pensato di consacrarsi definitivamente come parte del nuovo Impero, concedendosi appunto un’anatra, ma non di razza pechinese, palesemente un’anatra nemica, ha scelto invece un’anatra italiana, l’anatra casarca, rara e tutelata, forse perché il made in Italy fa più chic.
Tanto clamore mediatico. Raffica di interrogazioni parlamentari. Nessuna scusa, nessuna giustificazione.
Ma noi riusciremo a comprendere mai la crudeltà gratuita della caccia come sport? Accetteremo la violazione di territori protetti e da proteggere solo per compiacere il potente di turno? Potremo continuare ad assistere alla carneficina di alberi monumentali, alle esecuzioni sommarie di porzioni paesaggio, all’abbattimento di orse, all’avvelenamento di lupi, al declassamento di specie “rigorosamente protette”?
Come potremo accettare la deportazione di milioni di capi della specie homo sapiens per fare posto a resort on the beach. Quante e quali mutilazioni potranno ancora essere inferte alla natura prima che smetta di ricostruirsi, di continuare ad essere. La natura sfigurata della sua bellezza, menomata della forza accumulata per secoli, sembra ridotta più che mai prima, nel macabro trofeo del vincitore.
- Share