Io e David Bowie

Io e David Bowie

di Serena Laporta –

David Bowie ha condiviso con me una certa lista, di 100 libri, che, secondo lui, gli avrebbero cambiato la
visione del mondo – condiviso non nel senso che me l’abbia mai inviata o che ne abbiamo mai discusso,
noo, nel senso che nella sua lista aveva inserito alcune cosette, tipo 12  o 13 che io avevo letto prima di lui.
Ora questa lista è ritornata in auge sui social grazie al figlio Duncan, che ne ha fatto un profilo di discussione.

Fra i suoi titoli preferiti, tra il Gattopardo, l’Inferno di Dante, l’Iliade e altri compare l’Herzog di Saul Bellow. Me lo sono immaginato spesso David, su una poltrona di pelliccia di tigre, nel suo vestito bianco leggere l’Herzog fumando le sue adorate Gitanes, in un’aura di eleganza e di mistero. Dunque Herzog, Moses Herzog  è un tale, un uomo, un docente di letteratura, uno scrittore che non riesce a scrivere, un marito, un padre, un fratello, un amico, un paziente psichiatrico, un amante, un inquieto, un passivo, un frenetico, un inerme, un tradito e traditore,  che a un certo punto comincia a scrivere lettere, a tutti, prima solo con il pensiero, poi anche servendosi degli strumenti classici carta e penna.

Scrive  ad amici e conoscenti, al presidente degli USA “Gentile Signor Presidente degli Stati Uniti le norme per la denuncia fiscale ci faranno diventare un popolo di ragionieri…”,  ai parenti, ad autori famosi, a filosofi , a ladri noti dalle cronache, a vivi e morti. E’ solo, ha tanti buoni amici, buoni accademici come lui, una brava amante, ma lui se ne va in giro, viaggia tanto, cambia  casa e città, portandosi dietro una valigia colma di migliaia di lettere mai spedite, e continuando a rimpinguare questo suo bottino di pensieri, istanze, proteste, preghiere, confessioni ci conduce dentro le sue nevrosi.

Herzog vive un dualismo esasperante tra fare e non fare, tra amare e scappare, tra abbracciare un’idea o metterla comunque in dubbio, tuffarsi nel mondo e agguantare la vita o chiudersi nel silenzio, tra scegliere di essere e agire o rinunciare, trasgredire o rimanere entro i canoni gretti della società americana degli anni ‘60 pur percorsa da mille fermenti.  Per leggere questo epistolario sui generis, ricco di ironie, di pensieri filosofici, spunti sociologici, pieno di storie e di Storia, di ‘900, di famiglia, di ferite e tradimenti,  di sguardi profondi e universali sulla natura umana, di analisi spietata su uomini e donne “Non capirò mai cosa vogliono le donne. Che cosa diavolo vogliono. Mangiano verdura cruda e bevono sangue umano” bisogna armarsi di pazienza, sono tante pagine, 510 pagine, ma, eterna dicotomia,  si può sempre optare per l’ultimo Bruno Vespa. Io intanto, in compagnia del fantasma di David avvolto da una nuvola di fumo,   sfoglio  e sottolineo qui e là il mio Herzog sgualcito, metto un post it sulla sua dolorosa rivendicazione a stare vicino ai figli dopo una spietata separazione, liscio una vecchia piega, sorseggiando un Capossela d’annata

… s’alzan le foglie
 e si sollevano i rimpianti 
nei gemiti di amanti 
delle stanze confinanti 
non resta che fumare 
l’ultima gitana arrotolata
mi manchi sì
ma non mi manca il tempo andato 
ed i suoi incanti

Serena Laporta

Saul Bellow è stato uno scrittore americano di famiglia ebraica emigrata dalla Russia negli anni ‘20. Ha vinto il Nobel per la letteratura nel 1976. Herzog è stato pubblicato per la prima volta nel 1964. In Italia è edito da Mondadori. 
Le frasi del brano di Capossela sono tratte  Amburgo (1996)

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Redazione

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