La storia siamo noi che partiamo…

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La storia siamo noi che partiamo…

di Alfredo Sanapo – –

In queste settimane, il presidente Trump ha usato l’espediente retorico del “Giorno della Liberazione” per annunciare l’introduzione dei dazi. A scanso di equivoci, affinché le nuove generazioni non dimentichino, è bene distinguere questa trovata speculativa dall’evento-simbolo che rappresenta per l’Italia e l’Europa, la “Giornata della Liberazione” (da noi il 25 Aprile 1945).

Sulle ceneri di una cultura politica basata sulla violenza, sulla sopraffazione e sulla negazione della libertà di pensiero, quale quella nazifascista, in Italia nasceva una nuova idea di Stato. Quella data fu uno spartiacque che, attraverso il ripristino della Pace, della Democrazia e della Libertà, rese possibile una riorganizzazione politica, sociale e civile del Paese. Innanzitutto, nacque la Repubblica (2 giugno 1946) per sancire che la sovranità appartiene ad una collettività chiamata Popolo e, poi, entrò in vigore la Costituzione (1º gennaio 1948) per fissare i valori antifascisti – universali e non negoziabili – dell’unità nazionale, della giustizia sociale, della partecipazione e della dialettica democratica, attorno ai quali si riconosce la Nazione. Ebbene, 80 anni fa, grazie al coraggio di tanti Partigiani e Soldati, il Popolo riprese in mano il proprio destino! Quindi, è opportuno non solo celebrare questa ricorrenza, ma anche ricordare che la nostra Libertà – oggi data per scontata e imperitura – ha il sapore delle idee e del sangue versato per Lei e ribadire che abbiamo il dovere morale di curarla e difenderla dalle tentazioni autoritarie sempre in agguato.

La Liberazione è il frutto maturo di una pianta chiamata Resistenza, cioè quel processo di presa di consapevolezza popolare nato nel letame dell’oppressione, cresciuto nella decomposizione del regime fascista e fiorito sulle spoglie di uno zombie ormai disilluso. La Resistenza italiana, però, ha un significato differente rispetto agli analoghi movimenti europei, perché l’Italia ha avuto il triste primato di essere stata la culla del fascismo, costituendo per il mondo un pericoloso precedente. Perciò, identificata a forza di cose con l’Antifascismo, Essa va considerata in un arco temporale più ampio (non dall’8 settembre 1943) e coevo del fenomeno che combatté.

Sicché, la prima fase della Resistenza coincide con l’“antifascismo militante” ed iniziò il 10 giugno 1924 con l’uccisione dell’on. Matteotti: il delitto fu la miccia per la nascita di forme culturali più attive rispetto all’immobile opposizione aventiniana. Nacquero così “Italia libera” a Firenze, l’”Unione Nazionale delle forze liberali e democratiche” di Giovanni Amendola, il periodico “Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti a Torino ed il movimento “Giustizia e Libertà” con il suo periodico clandestino “Non mollare” a Firenze. Con la stretta del regime la vita politica divenne clandestina o si trasferì all’estero. Un’intera élite politica fu costretta all’esilio forzato (Turati, Nitti, Sturzo, Salvemini, Sforza) o volontario (Nenni, De Gasperi, Togliatti) o al confino (Malaparte, Parri, i fratelli Rosselli, Bordiga, Gramsci, Pertini, Terracini, etc.). Dopo l’armistizio e con una popolazione stremata dalla guerra, il movimento di Resistenza divenne popolare perché l’antifascismo interpretò il sentimento generale di riconoscimento in un’idea inclusiva e paritaria dello stato. La presa di coscienza di un nuovo ordine possibile impose di prendere le armi contro il nazifascismo. In tal modo, le lotte partigiane combattute tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, rappresentarono un fenomeno dilagante di ampio respiro che seppe coagulare diverse estrazioni sociali, culturali e politiche In nome della Libertà: una nuova stagione di riscatto nazionale e patriottico.

In questo contesto, sebbene in Puglia la lotta partigiana sia stata più limitata a causa della rapida liberazione da parte degli Alleati, il Salento diede il suo contributo, ricalcando in grandi linee la storia del resto del Paese. Durante il Ventennio, l’antifascismo si espresse grazie ad una rete di cellule clandestine socialiste, comuniste e anarchiche che diffondevano materiale di propaganda. L’altra modalità di lotta fu il dissenso passivo che, alimentato dal malcontento di contadini e operai legato alle condizioni economiche ed alla perdita di libertà sindacali e civili, si manifestava più con le la scarsa partecipazione alle iniziative del regime ché con azioni coordinate.

Dopo l’armistizio, il collasso dello Stato fascista mutò la situazione e, nei giorni successivi, prima dell’arrivo degli Alleati, si ebbero episodi di resistenza ai Tedeschi che, nel tentativo di ritirarsi verso Nord, disarmavano i soldati italiani. L’antifascismo si attuò nella creazione dei locali Comitati di Liberazione Nazionale (CLN), che collaborarono con le autorità alleate e italiane per la gestione della vita civile e il sostegno allo sforzo bellico contro i nazifascisti nel resto d’Italia. Anche se la lotta partigiana non si sviluppò come al Nord in guerriglia, molti giovani pugliesi si arruolarono nel Corpo Italiano di Liberazione che combatteva a fianco degli Alleati o si unirono alle Brigate Partigiane del Centro-nord. Senza contare che centinaia di salentini persero la vita nella resistenza antinazista, molti altri perirono nei campi di concentramento (Internati Militari Italiani – IMI), molti soldati, tenendo fede al loro giuramento, furono catturati nei Balcani, nelle isole dello Ionio e dell’Egeo e in seguito deportati.

Pertanto, in Salento la lotta di liberazione si configurò come il complesso di tante scelte di vita individuali e di tante presenze singole in tutti i ruoli di attività del movimento di Resistenza. Una ribellione trasversale di giovani, braccianti ed artigiani, educati al lavoro delle campagne e delle botteghe, destinati dal fascismo a divenire oppressori di loro simili di altri popoli, per schierarsi e integrarsi con loro, pur nella differenza di razza, lingua e opinione politica, e collaborare per conquistare la Pace nella Libertà.

Da quanto asserito, una piccola manifestazione come quella organizzata il 25 Aprile 2025 dal “Sezione ANPI Capo di Leuca” nel centro storico di Alessano, non è meno sentita dagli astanti rispetto a quelle di piazze più “direttamente coinvolte” nell’evento bellico di Liberazione. La storia siamo anche noi: nessuno si senta offeso, nessuno si senta escluso! La storia siamo noi (bella ciao) che partiamo.

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